Brad Mehldau in concerto con "Three Pieces after Bach" all'Auditorium Parco della Musica di Roma
Il pianista di matrice jazzista Brad Mehldau nel suo tour europeo il 17 febbraio 2018 a Roma, presso la Sala Sinopoli dell'Auditorium Parco della Musica, ha presentato in concerto la sua ultima opera discografica "Three pieces after Bach. Brad Mehldau è un pianista qualificato ed apprezzato che si esibisce generalmente sia in trio che in performance al piano da solo. Altre volte con nomi del Jazz di grosso livello, come con Redman al sassofono in un concerto recensito su questo sito, sempre a Roma. In linea con altri pianisti di matrice jazzistica contemporanei, ama spesso contaminare il genere di partenza con prestazioni di netta derivazione "classica". Ed ecco spiegato il titolo del suo ultimo lavoro. Si tratta di composizioni che trovano origine in una vera e propria commissione rivolta a Mehldau da parte della Carnegie Hall di scrivere delle partiture contemporanee prendendo spunto dalle composizioni racchiuse nei libri del "Clavicembalo ben temperato" di Johann Sebastian Bach. Trattasi di una procedura che non è unica nel suo genere. Ad esempio, tanto per stare a casa nostra, recentemente l'eclettico violoncellista Giovanni Sollima, ha scritto, previo incarico dell'Accademia di Santa Cecilia, un brano dove lo spunto sono alcuni lavori di Beethoven. In sostanza, il tutto è basato sull'esecuzione prima di alcuni brani del "Clavicembalo ben temperato", cui si susseguono esecuzioni scritte o improvvisate da Mehldau. Non siamo di fronte a tipiche sonorità jazzistiche, tutt'altro. Le opere di Bach eseguite (Preludio n. 3 BMW 848, Preludio n. 1 BMW 870, Fuga n. 16 BMW 885, Preludio n. 6 BMW 851, Preludio n. 7 BMW 852, Preludio e fuga n. 20 BMW 865) sono improntate a quella che definerei una interpretazione didascalica. In questo caso però il senso della parola è da intendersi positivamente. E' nota la questione delle interpretazioni bachiane del "Clavicembalo", da quella pura e dura che la sua trascrizione per pianoforte non possa riprodurre del tutto le sonorità concepite originalmente per il clavicembalo, al dubbio sulle accelerazioni dei tempi in quelle mitiche di Glenn Gould. A mio avviso un buon metro di giudizio è quello in cui l'esecuzione rende chiaro e riconoscibile per l'ascoltatore il gioco delle voci e delle note che si intrecciano in Bach, indiscusso maestro del contrappunto e della fuga (la più complessa concezione contrappuntistica dal punto di vista tecnico). Per questo Mehldau sembra preferire 'presentare' semplicemente all'ascoltatore le composizioni di Bach, piuttosto che interpretarle eccessivamente. Forse per evitare diatribe e paragoni, anche perchè la partitura di Bach in fondo è solo la base di partenza per l'altra parte del concerto. Lì invece la fa da padrone la sua interpretazione di Bach, filtrata pienamente dal suo essere musicista completo e cioè compositore oltrechè pianista. Che però tiene saggiamente lontana la tentazione di una semplice interpretazione basata sugli influssi in chiave jazzistica. Anzi. Nelle composizioni che fanno capo alle "Three Pieces" (Rondò, Ostinato, Toccata) di questi influssi c'è pochissima traccia e solo qualche volta, in punta di piedi e per brevi passaggi, fanno capolino nelle esecuzioni cosiddette improvvisate, le quali hanno alla fine più attinenza con la cosidetta musica 'creativa/estemporanea' che con il Jazz. Se vogliamo dirla tutta manca l'elemento che più contraddistingue il genere jazzistico: lo swing. Ma per la musica di Mehldau non è una novità, in quanto lui stesso ha ammesso in un'intervista di abbandonare spesso questa connotazione caratteristica del Jazz quando suona il piano come solista per poi rifarla propria quando suona in trio o con altri musicisti jazz. Alla fine Mehldau propone nel suo concerto in modo assolutamente rigoroso quella tendenza all'improvvisazione 'classica' antecedente al Jazz (la cui natura tendenzialmente improvvisata ne è una sorta di caso particolare) e non a caso praticata dai grandi clavicembalisti dell'epoca di Bach. Ovviamente i suoi lavori scritti e le improvvisazioni sono pieni di altre sonorità classiche e non (addirittura echi tratti dal pop/rock) al di fuori di quelle dei tempi di Bach ma non potrebbe essere altrimenti. Dove Mehldau ha invece recuperato ampiamente stilemi prettamente jazzistici è stato nei numerosi bis che generosamente ha concesso alla platea degli ascoltatori in sala. In questi abbiamo risentito swingare e aleggiare note blues ma, quasi per non creare una cesura eccessiva con l'atmosfera sapientemente creata fino ad allora, senza mai strafare, con una sensibilità musicale ed una leggerezza nel tocco sulla tastiera veramente sopraffina. Nel complesso un bel concerto.
Per finire, potete ascoltare in concerto Brad Mehldau e le sue "Three Pieces" in questo filmato su VIMEO relativo ad un concerto al Royal Conservatory di Toronto in Canada. A parte i bis, riproduce in larga parte i brani eseguiti a Roma. Per le recensioni sul concerto: quella del giornale The Guardian ed un'altra un tantino critica del giornale Telegraph.