Manghi il tempo e le burocrazie moderne
Bruno Manghi (qui una sua intervista sul futuro del sindacato) ha avuto una lunga carriera e ha pubblicato molto. Tra tutte le sue pubblicazioni mi piace ricordare questo libricino degli anni '90 che se lo leggete non potete fare a meno di identificarvi, soprattutto se avete o state lavorando da anni in qualche baraccone aziendale (pubblico o privato non fa differenza).
Cosa dice questo libretto di tanto significativo? Semplice. La superiorità del politico sta appunto nel non deflettere dalla convinzione che lì si sta per decidere i destini collettivi, facendo al contempo e con diligenza tutt'altra cosa. Cioè dissipare operosamente e con serietà il tempo a disposizione...perchè la cosidetta società civile non ha veramente necessità di intervenire nella politica direttamente per continuare i propri 'negozi'...chi forse ne avrebbe bisogno non ha i requisiti per ambirvi e nessuno se ne preoccupa..."
In sintesi, questo il pensiero di un acuto libretto, molto dissacrante. Scritto in maniera semplice, tocca argomenti attuali. In breve si espongono queste tesi:
A) Le grandi istituzioni (politiche, associative, sindacali ed anche economiche) tendono a non decidere, attraverso meccanismi che portano ad uno spreco del tempo a disposizione per raggiungere gli obiettivi dichiarati e che non sono mai realizzati;
B) Tale spreco è ottenuto attraverso non un ozio delle risorse e delle attività ma, al contrario, con uno spreco "laborioso" fatto di iperattività inconcludente (sfruttando strumenti come: convegni, congressi, riforme organizzative interne, formazione del personale, commissioni di studio, dibattiti, ecc.);
C) Tale inconcludenza ha dei risvolti anche positivi: infatti permette di non portare a termine degli obiettivi dichiarati che, qualora si realizzassero, spesso sarebbero forieri di gravi conseguenze sul piano sociale, economico, ecc. poichè creerebbero eccessive ricadute di tensione sulla società
D) A questo quadro inquietante non è stato ancora contrapposta un'alternativa valida sia sul piano dell'organizzazione che del ricambio dei ceti preposti al controllo di questi apparati. Come si vede il libro persegue una versione "soft" del criterio di autoreferenzialità delle grandi organizzazioni burocratiche. Illuminanti, comunque anche alcuni appunti sul quadro "psicologico" dei ceti interessati al fenomeno (la politica come uscita "dall'anonimato", il tempo perso come autogratificazione e come altra dimensione rispetto al tempo comune, il gusto del comando come fonte di successo, ecc.)
Insomma, una bella anticipazione suoi tempi dell'Italia (e non solo) di oggi