Salgado e le foto di Genesi in mostra all'Ara Pacis
C'era un libro che da bambino mi piaceva sfogliare per le sue illustrazioni: era di Flammarion intitolato Il mondo prima della creazione dell'uomo. Testo divulgativo della fine dell'ottocento. Erano illustrazioni xilografiche di vulcani, foreste, paesaggi ed animali strani con un tocco fantastico, quasi misterioso. Quella sensazione l'ho ritrovata vedendo le foto in bianco e nero di Sebastiao Salgado intitolate Genesi ed ospitate nel 2013 in mostra all'Ara Pacis a Roma . Salgado è un fotografo un pò atipico. Diciamo che la sua formazione universitaria di stampo economico e statistico lo porta ad affrontare i suoi progetti con una rigorosità e scrupolosità particolare. Le sue fotografie seguono tematiche precise che si sovrappongono al puro interesse estetico. A lui interessa documentare l'abuso dei diritti umani, il mondo del lavoro ecc. In questa fatica, denominata Genesi e durata anni di scatti in giro per il mondo, affronta il tema ecologico del pianeta. Una Terra da salvaguardare attraverso proprio lo sguardo delle sue foto che suscitano un senso profondo di rispetto verso un qualcosa che non è solo materia. Infatti, tutte le foto di Genesi sembrano seguire l'ipotesi olistica di Gaia di Lovelock, dove la Terra è vista come un gigantesco organismo composto da fattori viventi e non che si autoriproduce mantendendo l'equilibrio. La mostra è organizzata abbastanza bene anche se mancano sufficienti spiegazioni sulla tecnica fotografica di Salgado: pellicole, macchine e metodi di ritocco usati per scattare queste bellissime foto. Non è cosa da poco conto. La fotografia, soprattutto quella dei grandi fotografi, è molto meno spontanea di quanto si pensi e dietro ad un'immagine fotografica c'è un lavoro non indifferente. Tra gli addetti ai lavori e appassionati di fotografia, Salgado viene qualche volta chiacchierato perchè userebbe, soprattutto ultimamente, nutriti gruppi di assistenti che preparano, come si dice, il terreno prima della foto oltre a robusti interventi in fase di stampa (mascherature ed altro). Per i curiosi di questi aspetti, Salgado ha usato in passato macchine Laica e poi Pentax 645 e come pellicole le Kodak Tri-X professionali. Poi, ultimamente e per problemi logistici dovuti alla quantità di materiale fotografico da gestire negli spostamenti e negli aeroporti, usi il digitale (coma la Canon EOS 1 Mark III). Interessante è che sembra faccia elaborare i file digitali scelti in grandi negativi in bianco e nero da 4x5 pollici e quindi li stampa come al solito. Non solo, visto che Salgado è legato all’estetica e alla grana del Tri-X 400, viene anche eseguita una lavorazione che porta a un risultato simile. Detto questo, sarebbe interessante avere quante più informazioni sul lato strettamente tecnico in fase di allestimento di una Mostra.
Comunque, già il fatto che tutte le foto siano in bianco e nero (una costante nei lavori fotografici di Salgado) la dice lunga sul delicato equilibrio che egli cerca di mantenere tra la fotografia come puro documento e la fotografia come espressione artistica. Pertanto i soggetti, specie quelli paesaggistici, sono accuratamente scelti per esaltare la riproduzione in bianco e nero di soggetti fotografici che in genre sono riprodotti a colori. Prendiamo ad esempio gli iceberg dell'Antartide. Fotografarli a colori rende sicuramente ma con il grigio del mare, il bianco del ghiaccio ed il chiaro del cielo e delle nuvole nelle foto in bianco e nero diventano quasi delle composizioni astratte. Un travisamento fortemente voluto che affascina ancor di più di una classica foto realistica a colori.
Le foto sono numerose e riguardano, ovviamente, zone della Terra pochissimo abitate, dove la presenza dell'uomo è quasi un accessorio nè più nè meno degli altri animali presenti sul territorio. Eppure, laddove le foto dei paesaggi lasciano il posto a quelle dei soggetti umani e sempre in bianco e nero, Salgado fornisce, a quanti seguono la Mostra e leggono i cartellini con i titoli delle foto, uno spaccato di cosa gli etnologi e gli antropologi definiscono cultura. Che non è quella dei libri o quella dell'arte. No. E' la manifestazione del delicato rapporto tra natura e adattamento non genetico dell'essere umano a questa. Le foto di Salgado riescono a rendere in modo evidente questo rapporto offrendo una sorta di mix tra distacco e partecipazione del soggetto fotografato, per cui l'immagine risulta alla fine non un mero documento ma con un valore aggiunto in più che spetta allo spettatore definire. Poi, gli animali. Anch'essi fotografati in bianco e nero ed anch'essi protagonisti con un qualcosa che li fa diversi dai soliti soggetti dei documentari sulla natura che si vedono spesso. Certamente Salgado è consapevole che lo scatto di una fotografia immortala un istante. Quindi ha intrinsecamente un valore diverso da un filmato, dove l'azione si prolunga e noi vediamo il prima e un dopo. In fondo, è l'attimo colto all'istante alla base del fascino di una foto. Una foto ci permette d'indugiare, di scrutare, di soppesare e, in una parola, di osservare piuttosto che semplicemente guardare o vedere. E tra i due termini c'è una bella differenza.
Tornando alla Mostra, nella sala dedicata all'emisfero australe e pieno di elefanti marini, foche e balene con contorno di iceberg tutto questo è palese. Per cui l'iceberg del Mare di Weddell è come una composizione pittorica ed da una foto un cucciolo di elefante marino in primo piano vi guarda con un occhio sorpreso, quasi in una posa da modello. Oppure i due albatri che si toccano in un gesto quasi amorevole o, cambiando completamente latitudine, la bella foto di un leopardo che s'abbereva. Nelle sale a seguire entra in scena l'uomo con le popolazioni di Papua e le loro usanze come la cottura del maiale presso i Korowai. Salta subito all'occhio che, senza nessuna offesa molti atteggiamenti, pose e comportamenti sono analoghi a quelli degli altri animali, dove la parola non ha un significato dispregiativo ma denota uno stato di fatto. Ed infine per gli animali belle quelle di esseri retaggio di tempi prima della comparsa dell'uomo, come i rettili. Per cui ecco le tartarughe delle Galapagos ed una splendida foto di una gamba di iguana che sembra quella di un film dell'orrore. Tutte foto che ci fanno comprendere lo stupore di chi vide per la prima volta quelle cose e come in fondo la nascita dell'evoluzionsimo non poteva che avvenire in quelle isole del Pacifico. Ma anche la pura materialità delle rocce che se opportunatamente guardate sviluppano geometrie bizzarre ed in fondo artistiche. Non mancano scatti alle montagne patagoniche (Fitz Roy e Cerro Torre) di cui una del Cerro perso tra le nuvole. La foto è stata scattata con il famoso fungo di ghiaccio terminale, incubo degli alpinisti, molto ridimensionato a causa di recenti crolli. Chi osserva la foto sapendolo non può meditare sul fatto che anche la natura inanimata è in realtà sempre animata, muta continuamente e magari ci vogliono secoli ma cambia. Dal freddo dell'estremo sud al freddo del nord. Canada e Parco naturale del Kluane. Dirimpetto foto con baobab e catene montuose di tutt'altro tipo in Madagascar. Vedendo le popolazioni distribuite tra terre calde e terre fredde appare subito evidente che il freddo estremo (Artico, Siberia e Antartide) ed il caldo estremo (deserto) sono più ostili all'uomo mentre le zone umide (foreste tropicali) pur in condizioni difficili sono più abitate. Però in quest'ultime vivono spesso popoli che nell'immaginario si comportano ancora come i cosidetti uomini primitivi. Anche se non è proprio così, la sensazione è forte vedendo le foto della Nuova Guinea con uomini della popolazione Huli e le loro strane decorazioni. Si resta inquieti davanti alla forza delle consuetudini, vedendo il metodo della scarificazione e deturpamento di parti del corpo usata dai Mursi in Etiopia, soprattutto se si pensa che viene praticata anche presso la nostra cultura moderna. Splendida poi una foto su un componenente dei Performer Mudmar che sembra un fotogramma tratto da un film sull'invasione degli alieni. A proposito di cultura e di consuetudini sociali. Una femminista sarà contenta di vedere la foto della periodica celebrazione presso la popolazione Amuricuma (Amazzonia) della conquista del potere da parte delle donne. Nutrizionisti, amanti delle diete, politici e militari rimarranno stupiti nel sapere che i Kamayura (popolo amazzonico) hanno una particolare indole pacifica perchè praticano una dieta esclusivamente a base di pesce!
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