Mostra Napoli '800 alle Scuderie del Quirinale di Roma
La Mostra 'Napoli ottocento' presso le Scuderie del Quirinale ed aperta fino al 16 giugno 2024, vuole far conoscere ad un pubblico più vasto del solito il peso che la città di Napoli ha avuto nelle arti figurative e non solo nel XIX secolo. Allestita con cura, utilizzando anche accorgimenti mediatici e scenici che vanno un pò al di là della mera esposizione dei quadri e delle opere figurative, permette al visitatore una gradevolissima visita, da cui se ne esce con gli occhi ancora pieni di opere pittoriche che non possono non piacere, secondo i canoni tradizionali del gusto.
Come tutte le mostre ormai, essa s'avvale di pannelli esplicativi sia nelle sale che prima dell'accesso, tesi ad inquadrare storicamente e culturalmente ciò che andremo ad osservare. Ed è un pannello all'inizio che attrae la nostra attenzione. Quello che fa riferimento al concetto di 'sublime' a partire dalla fine del XVIII secolo e visto come negazione dell'ottimismo tipico dell'illuminismo, nonché anticipatore delle inquietudini proprie del romanticismo. Perchè suscita attenzione? Perchè scatta subito un raffronto con la nostra epoca. Quell''epoca era stata toccata da catastrofi ambientali (terremoto di Lisbona del 1755) e poi da quelle sociopolitiche come la Rivoluzione francese. Insomma, tutto ciò porterà alla 'malattia delle rovine' dello Sturm und Drang e all'inevitabile fascino che le 'rovine' italiche (greche, romane, etrusche ecc.) avevano sui viaggiatori del famoso Grand tour, tanto in voga all'epoca. Certe affinità con l'oggi sono evidenti. Il terremoto va sostituito con la 'crisi climatica', le problematiche sociopolitiche stanno sempre lì anche se diverse. All'epoca l'antirazionalismo fu una delle chiavi culturali vincenti per uscire dal senso di disagio. Oggi è difficile dire se la collettività ne sta uscendo fuori con accenni di neoromanticismo, anche se alcuni riferimenti possono essere ritrovati in movimenti come la new-age, deep ecology e altri.
Fatte queste premesse, entriamo però nel vivo della descrizione della mostra. Appena entrati ci viene incontro una sala dall'impatto sicuro: quadri che con la predominanza di colori accesi e tendenti al rosso sono dedicati alle eruzioni del Vesuvio, particolarmente attivo come vulcano all'epoca, tanto per stare dentro al clima delle catastrofi naturali. Le vedute sono quasi tutte di pittori stranieri e questo la dice lunga sull'attrattiva che emanava questa fenomeno naturale. Si tratta di pittori come Volaire, Derby, Hackert, Vernet e Wutky con quadri che vanno dal 1740 al 1820.
Poi, passando di sala e tanto per restare in tema di 'rovine' cosa c'è di meglio delle vedute delle rovine di Pompei? Non dimentichiamo che all'epoca facevano ancora più effetto poiché l'interesse archeologico per l'area era cosa alquanto recente. Qui incontriamo un pittore da non sottovalutare e che ha molti quadri esposti nella mostra: Giacinto Gigante. I suoi quadri trovano ancora oggi ampio mercato ed è un pò questa la caratteristica delle pitture napoletane dell'ottocento. Risalta anche una veduta di Paestum (1825) del pittore francese Giroux. Anche nel caso di Paestum, bisogna ricordare che i ruderi dei templi, oggi famosissimi, fino alla seconda metà del XVIII secolo non erano praticamente conosciuti.
Andando avanti spiccano due vedute della 'Riviera di Chiaia' del pittore Sminck van Pitlod del 1830. Poi davanti s'intravedono due quadri che risaltano subito per la delicatezza della fattura e infatti, avvicinandoci, risultano essere nientemeno che di William Turner, uno dedicato a 'Castel dell'Ovo' (1819) e l'altro intitolato 'Scena di costa' (1828) ma in realtà un pino marittimo di particolare intensità.
Seguono altre vedute di Napoli come 'Mergellina', piccolo olio su carta di Duclére del 1840 circa e una rarefatta 'Terrazza assolata di Capri' (1896) del pittore danese Ilsted.
Poi un piccolo ma stupendo olio su carta e tela intitolato semplicemente 'Un muro di Napoli' del pittore gallese Thomas Jones. Il quadretto datato 1782 denota in realtà una realizzazione sorprendentemente 'moderna'.
L'attenzione viene quindi sollecitata dal quadro bizzarro sia nel titolo che nella composizione: 'Effetto d'aurora boreale'.... del pittore S. Fregola del 1848 (olio su tela). Surreale ma d'effetto. Accanto un meno surreale ma intrigante Giacinto Gigante con un acquerello e matita intitolato 'Notturno' e un essenziale quadro dai toni grigi 'Luna mancante avanti l’alba' di Filippo Palizzi (1871). Palizzi è un altro pittore che troveremo spesso in mostra.
Seguono i quadri sugli animali, molti dei quali sempre di Palizzi e altre scene, tra cui due suoi stupendi olio su carta e olio su tela ‘Scavatrice di Pompei’ (1864) e 'Fanciulla sulla roccia a Sorrento' del 1871. Siamo infatti nella sala dedicata agli interessi zoologici di quel periodo a Napoli, che poi porteranno alla fondazione della 'Stazione zoologica napoletana' (SZN) d'impostazione darwiniana (una novità all'epoca), voluta dallo zoologo tedesco Anthon Dhorn.
La sala dopo offre due preziosi De Nittis, pittore della cerchia dei Macchiaioli anche se autonomo da categorizzazioni precise. Difficile scegliere, forse la 'Traversata degli Appennini, ricordo' (1867) dove quel 'ricordo' è la chiave di lettura del quadro. Bello anche la vicina 'Discesa dal Vesuvio' (1872).
Interessante la sala con le riproduzioni artigiane dell'epoca fatte copiando i reperti provenienti dagli scavi di Pompei; copie che avevano molto mercato e di pregevole produzione. Nella sala un busto dal chiaro gusto 'verista', intitolato ‘Il parassita’ , opera di Achille D’Orsi in gesso bronzato del 1877. Faceva parte di un gruppo d'opere esposte proprio ad una mostra di quei tempi intitolata appunto ai 'parassiti'.... A questo proposito bisogna rilevare che lungo la mostra molte sono le sculture soprattutto in bronzo che suscitano interesse per la loro bellezza.
Si passa al II piano, con alcuni temi religiosi come riferimento e qui appare un notevole olio su tela 'Il prevetariello' ( 1870) di Antonio Mancini.
Poi da segnalare un acquerello e tempera sempre di Giacinto Gigante del 1849 e quindi una 'Donna orientale' di Domenico Morelli 1878 (olio su tela).
Si prosegue con una sala dedicata al 'verismo' dove non poteva mancare un quadro dallo stile quasi fotografico: 'Strada di campagna', olio su tela di F. Lojacono del 1877. Sul lato destro l'attenzione va al quadro famoso per il personaggio ritratto, si tratta dell'olio su tela di G. Toma del 1874 'Luisa San Felice in carcere'.
Arrivano poi inattesi, per chi non conosce la sua biografia, i quadri di Edgar Degas, lo straordinario pittore parigino della cerchia degli impressionisti: 'Ritratto della sorella sposa' e un minuscolo gioiellino fatto con olio su carta e tela intitolato 'Veduta di Castel Sant'Elmo' (1856). Inutile dire che il ritratto della sorella è stato preso ad icona della mostra, dato il peso del pittore di riferimento. Degas Napoli la conosceva bene , perchè sua sorella aveva sposato un nobile napoletano.
Nella sala dedicata a Gemito e Mancini spicca di quest'ultimo un 'Ritratto di mio padre' del 1903, olio su tela. Nella mostra Mancini viene ricordato con un giudizio del pittore ritrattista statunitense Sargent (anch'esso presente nella mostra con alcuni quadri) dove Mancini viene considerato addirittura come il più grande pittore dell'epoca.
La mostra termina con la sala dedicata ai 'moderni'. Quindi non potevano mancare Fontana e Burri. Siamo fuori cronologicamente dai perimetri temporali della mostra ma qui sono presenti perchè alcune opere sono esposte nei musei e gallerie napoletane.
Qui è possibile vedere le immagini di alcuni dei quadri ed opere descritte: