Mostra sul manifesto futurista presso la Fondazione Besso Roma




In questa mostra documentaria presso la Fondazione Besso di Roma del 2009, sono stati esposti manifesti e volantini che il movimento del Futurismo, tramite la redazione della rivista internazionale Poesia, fondata nel 1905 da Marinetti, o la Direzione del Movimento Futurista inviava regolarmente, a scopo di pubblicazione e propaganda, alla redazione della Rivista di Roma, diretta da Alberto Lumbroso (1872-1942), genero di Marco Besso. La mostra è stata organizzata da M.L. Orsa Lumbroso, l'allestimento curato dall'architetto  Carla Rivolta, mentre la ricerca e redazione è stata curata dalla dott.ssa Giulia Di Stefano.
La collezione, ritrovata all’interno dell’archivio di Alberto Lumbroso e conservata presso la Biblioteca della Fondazione Marco Besso, comprende più di trenta manifesti futuristi, tra cui quelli più importanti riguardanti la pittura (1910), il teatro (1910), la musica (1911), la scultura (1912), la letteratura (1912), l’architettura (1914) e la cinematografia (1916), in un arco di tempo cronologicamente compreso tra  1909 e 1924.
Al momento della fondazione ufficiale del Futurismo da parte di Marinetti e soci, non esisteva ancora alcuna scultura, alcun dipinto futurista.
Un manifesto da cui partire, da cui scagliare la propria sfida ritti sulla cima del mondo e un vero e proprio “ufficio stampa”, la Direzione del Movimento Futurista, con sede a Milano, che instancabilmente si sarebbe occupato della diffusione su larga scala di libri, opuscoli e manifesti.
Il senso delle pubbliche relazioni, dell’importanza crescente dei mezzi di comunicazione di massa, la consapevolezza che il mezzo è anche il messaggio ha guidato sin dall’inizio l’ambizione di Marinetti.
Solo tra 1909 e 1916, periodo che può essere considerato del “primo futurismo”, vengono pubblicati più di cinquanta manifesti, riguardanti ogni aspetto dell’arte, della società e del costume.
Un vortice di messaggi, lanciati a squarciagola su riviste e giornali o distribuiti a migliaia sotto forma di volantini.
L’enunciazione dei nuovi valori artistici, ideologici, etici e politici passa attraverso una forma testuale, quella del manifesto, che è sintetica, imperativa, diretta.
Dinamismo nelle opere così come nel modo di comunicare le proprie idee: è questa una delle caratteristiche peculiari del movimento futurista, che deve il suo ruolo di anticipatore delle avanguardie storiche europee, anche alla capacità di organizzarsi in un nucleo compatto ed efficiente nel toccare tutti i campi dell’esperienza.
Questa, in sintesi, l'introduzione alla mostra. La lettura dei singoli manifesti per il visitatore è stata molto interessante dato che nel Futurismo ogni cosa è portata volontariamente all'esagerazione, all'iperbole e questo non può che suscitare sorpresa e attenzione. Spigolando qua e là ho estrapolato queste perle dei Futuristi, a voi il giudizio:

- Problema di debiti finanzari per lo Stato? Semplice risolverlo, basta vendere il patrimonio artistico dei musei al mondo... tanto per i Futuristi ciò che è vecchio ha un'importanza relativa;

- Sulla donna futurista. Le donne sono uguali agli uomini, infatti entrambi meritano disprezzo;

- Sull'eros. Manifesto che va contro il ballo del Tango. Infatti possedere una donna non è strofinarsi contro di essa ma penetrarla...;

- Durante la prima guerra mondiale. Chi sono i migliori soldati? Ma i sardi, quindi moltiplichiamo i sardi primo materiale di guerra;

- Che cosa è l'arte? Diatribe di secoli risolte in modo netto: l'arte è una secrezione cerebrale, quindi esattamente misurabile.

Queste provocazioni rivelano comunque un pensiero futurista che, seppure in modo caotico, traccia linee di condotta e di rapporto con la realtà che non è più quella dell'ottocento ma viene vista come nuova in senso assoluto rispetto al passato, questo perchè il potere fondante il moderno è, per I Futuristi, la tecnica e le macchine. Magari a malincuore ma dobbiamo dire che hanno visto giusto. Osi qualcuno contraddirli.

A questo proposito, la loro intuizione diviene particolarmente profetica quando si afferma in un manifesto che non c'è nessuna diversità essenziale tra un cervello umano e una macchina (anticipazione della cibernetica). Maggiore complicazione dei meccanismi e nient'altro (fiducia nel riduzionismo scientista).
Ancora: se il nostro mondo fosse diverso noi ragioneremmo diversamente (uno sconcertante abbozzo di quello che sarà il principio antropico).
I Futuristi poi danno il meglio di se quando parlano dell'arte. Via la concezione stantia dell'arte come 'bello'. Dicono sicuri: il bello non ha niente a che fare con l'arte. Qui spazzano via il passato e introducono il concetto fondamentale delle creazioni artistiche di tutte le avanguardie dal novecento in poi.
Non solo, l'arte può essere misurata. Cioè è possibile la determinazione esatta, scientifica, espressa in formula della quantità d'energia cerebrale rappresentata dall'opera stessa. Ora, in queste affermazioni, si sono superati nell'anticipare effettivamente una serie di tentativi sempre più estesi in campo neurologico di misurare ed individuare con la risonanza magnetica e altre tecniche analoghe gli sforzi cerebrali degli artisti mentre si producono nell'atto creativo. A partire dagli esperimenti di Colin Martindale nel 1978 ad oggi, il fenomeno della creatività è stato indagato sempre più proprio nella direzione auspicata dai Futuristi!

Inoltre l'aspetto problematico del rapporto tra arte e mercato, dell'opera d'arte e gli aspetti materiali del vil danaro è superato dai Futuristi in modo brillante, proprio anticipando la tendenza che noi oggi sappiamo essere stata vincente. Ovvero, essi affermano che il produttore di forza creatrice artistica (in parole povere l'artista) deve entrare a far parte dell'organismo commerciale che è il muscolo di tutta la vita moderna. Ora, a parte la figura retorica sul muscolo, sembra che i Futuristi hanno proprio azzeccato la tendenza del secolo, bisogna riconoscerlo!

Sulla musica in particolare i Futuristi dimostrano idee originali, ovviamente di controtendenza. Per esempio su alcuni mostri sacri della musica del '900 è interessante notare come in un manifesto del 1924 cambino parere su Debussy, Stravinsky e Richard Strauss rispetto ad un altro manifesto di circa 12 anni prima. Nel 1924 affermano che fanno della musica chiusa mentre 12 anni prima sono visti come avanguardie. Segno che i Futuristi preconizzano nei loro giudizi un aspetto caratteristico dell'arte in genere a partire dal '900: bisogna essere sempre sperimentali, innovativi a tutti i costi. Mai mostrare di fermarsi. Un'ossessione, non sempre positiva, che percorre ancora oggi tutti i settori dell'arte.
Lasciatemi poi soffermarmi su un giudizio dei Futuristi che mi ha sorpreso e non poco. In un manifesto affermano che l'ideale futurista per la musica è 'identificare l'escutore con il creatore'. Portare l'improvvisazione nell'insieme orchestrale, mentre si elogia la estemporaneità come elemento germinale della musica. Infine si arriva a dire che il Jazz-band rappresenta oggi l'attuazione pratica sebbene incompleta dei principi futuristi sulla musica e si esalta il ruolo del ritmo nella musica. Straordinario! Una riflessione come minimo 50 anni avanti, pensando alla storia del Jazz e di come si sia ritagliato a fatica un posto sulla scena della storia della musica, quella con la 'M' maiuscola. Confrontando questi pareri con quelli di un Adorno, noto per la riduzione del Jazz a musica di consumo e priva di connotati culturali veri, si è portati a vedere tutta la capacità dei Futuristi di  essere persone dalla vista lunga.


Sui fatti più squisitamente politici, si sa che i Futuristi non amavano particolarmente le forze della Sinistra e nello stesso tempo le forze liberali moderate e peggio ancora quelle clericali. Uno dei loro famosi manifesti sul programma politico futurista del 1913, oltre ad anticipare alcuni punti del pensiero fascista, è interessante perchè mette in relazione il loro programma con quello clerico-moderato-liberale e quello democratico-repubblicano-socialista. Si noti che hanno praticamente anticipato il bipartitismo, collegando tra loro forze che all'epoca sembravano ben distinte. La cosa curiosa è che individuano strane somiglianze tra i due programmi moderato e socialista. Entrambi, secondo i Futuristi sono animati da:
- senilismo e moralismo;
- opportunismo e affarismo;
- culto dei musei, rovine, monumenti e tutto ciò che rappresenta il passato;
- culto dell'industria del forestiero (oggi diremmo industria del turismo);
- quietismo ventraiolo (un modo retorico per rilevare la tendenza a non smuovere le acque, pensando allo proprio particulare).

A distanza di tutti questi anni, questi elementi sembrano la denuncia di alcuni vizi della nostra classe politica e anche degli Italiani in senso lato, basta ammodernare i termini.
Per esempio: scarso ricambio generazionale della classe politica, polemiche politiche basate più sul fattore morale che sui fatti, opportunismo e affarismo vanno ancora bene, scarsa attenzione agli aspetti innovativi della realtà (compresa la scarsa attenzione per la ricerca scientifica e tecnologica), individualismo spinto legato al consumismo dei beni.

Magari, l'unica nota stonata è data dal rigetto per l'industria del forestiero che, a conti fatti, sembra l'unico fattore positivo sviluppatosi in questo secolo che ci separa dai Futuristi.

A proposito di manifesti, ecco il manifesto della mostra: