Borromini e il portichetto di Palazzo Spada
Non nutro particolare simpatia per l'arte barocca, però per Borromini faccio volentieri un'eccezione. Immenso. Notizie sulla sua vita fanno capire che, come quasi tutti i grandi artisti, non ebbe vita facile. Ritengo che Roma sia quella che è perchè ha avuto un Borromini che, per fortuna, piazzò qui una serie di meravigliose opere da togliere il fiato. La mia preferita è la Chiesa di S. Ivo alla Sapienza e, ogni volta che passo dalle parti di Piazza Navona su Corso Rinascimento, mi viene voglia di rivederla. Qui, però, mi soffermo su un'opera un pò meno conosciuta, anch'essa un pò nascosta come la Chiesa di S. Ivo. Sto parlando del portichetto dentro il cortile di Palazzo Spada (sulla piazzetta di Capo di Ferro) che, a sua volta, è un meraviglioso palazzo e sede di un'importante Galleria d'arte.
Il portichetto è interessante perchè simboleggia in modo tridimensionale, fisico cioè, uno dei capisaldi sui cui si è fondata tutta l'arte visiva del mondo occidentale. Ovvero la prospettiva. Non solo, essa è strettamente correlata con una altro aspetto che è a monte di qualsiasi rapporto con una realtà oggettuale, cioè la percezione. Il binomio percezione-prospettiva è uno di quei concetti 'operativi' con i quali bisogna per forza fare i conti. Ma c'è ancora un terzo elemento che entra in gioco e rappresenta il nocciolo del nostro discorso: l'illusione. la prospettiva è un'illusione creata attraverso un arteficio geometrico. Il periodo Barocco, contrariamente a quello che si pensa, ha molte similitudini con il mondo attuale, proprio il nostro fatto di tecnologia ma anche di potenti strumenti .... d'illusione.
Per questo Borromini ha la genialità di porre qualsiasi persona passi nel cortile del Palazzo nelle condizioni di poter essere illuso. L'immagine percepita è illusoria: questo è il messaggio. Il procedimento usato dal Borromini è semplice: il porticato ha una graziosità intrinseca, sollecita lo spettatore ad andare verso di lui. Eppure, appena messo piede dentro quel gioco illusorio, ci si accorge di essere in un posto molto diverso da quello che vedevamo: tutto si distorce e alla fine abbiamo l'imbarazzo di scoprire che quello che sembrava un lungo porticato da percorrere (circa 30 metri) non è che un corridoio ben più corto (solo 8 metri) dell'immaginato con una statuetta che alla fine appare quasi insignificante.
La realtà è dunque vera e falsa, inestricabilmente. Vero e falso assumono contorni sfocati e questo lascia sconcertati. Il pensiero orientale ha da sempre battuto su quest'aspetto, mentre il nostro ha cercato sempre di distinguere il vero dal falso come entità separate e distinte.
L'esempio tangibile creato dal genio del Borromini non poteva restare nascosto alla cibernetica e grazie a Ruggero Pierantoni abbiamo una dissertazione analitica e scientifica dell'opera borrominiana nel libro La trottola di Prometeo (editori Laterza). L'esempio Borrominiano di illusione è riconducibile al concetto di "fascio ottico", che si riferisce alla massa d'informazioni veicolate dalla luce da scene tridimensionali ad altre che hanno superfici bidimensionali.
Siamo nel campo della cosidetta ottica inversa. Chi si volesse cimentare con queste problematiche può andare a questo indirizzo web oppure QUI. Argomenti un pò tostarelli che ci fanno comprendere come l'arte non è solo estetica pura.
Però Pierantoni ci interessa perche reintroduce in concetti di carattere fisico-matematici la questione culturale. Infatti per lui il problema dell'ottica inversa ha una non trascurabile appendice culturale. Molto spesso il computo puramente neurologico della distanza che si basa sulla disparità retinica ha come implicito presupposto un condizionamento culturale. In sostanza, Pierantoni afferma che se il portichetto del Borromini lo vediamo in questo modo errato è dovuto al fatto che le diagnosi spaziali non sono puramente fisiologiche. Il potere illusorio di quest'opera come di altre (si pensi al trompe l'oeil) deriva dal presupposto culturale che gli angoli tra le pareti siano ortogonali, che soffito e pavimento siano paralleli al terreno e che colonne e altri ornamenti siano distribuiti in modo simmetrico ed equidistante. Il Portichetto del Borromini è fisicamente deformato e reso anamorfico da un altra costruzione prospettica che deriva da un'altra. In sostanza dobbiamo aggiustare il tiro e dire che se non siamo in grado di distinguere il vero dal falso, ciò è dovuto più a istanze culturali che fisiologiche e questo detto da un cibernetico è notevole.
Spero di non avervi annoiato e soprattutto di aver creato la curiosità per visitare questo piccolo e inquietante capolavoro del nostro beneamato Borromini, di cui potete vedere un'immagine: